Pasolini aveva prefigurato, forse profetizzato, un’umanità degradata, resa insensibile dall’apatia massmediatica dell’omologazione, schiacciata da quello sviluppo che, come ripeteva, è cosa ben diversa dal progresso.
Questa è oggi la cifra delle nostre società, delle nostre (in)civiltà.
Le dimensioni comuni e prevalenti sono l’egoismo, la mancanza di empatia, l’indifferenza (quella che Gramsci odiava) e un’inconsapevole corsa all’autodistruzione.
E questo compulsivo e involutivo istinto al sopravvivere, anziché al vivere, non è nemmeno più un fatto solo personale: si è tradotto ormai in dimensioni che travalicano l’individuo diventando psicopatologie sociali fino a manifestarsi in quella che tutte le comprende, quella di specie:
lo specismo.
Ormai il cambiamento non può più essere raggiunto in maniera radicale se non attraverso la consapevolezza che non sia più sufficiente limitarsi a combattere solo le ingiustizie sociali, cosa che va senz’altro fatta ma che rimarrà sterile se non si affronterà il problema che ne sta alla base: quello del ruolo della specie umana su questo nostro pianeta che stiamo rendendo sempre meno azzurro.
Solo questa presa di coscienza potrà essere una vera rivoluzione copernicana che, a cascata, potrà dirimere anche le varie ingiustizie, limitazioni di diritti, prevaricazioni e violenze di ogni tipo, estendendo la nostra sfera etica e il riconoscimento dei diritti innati.
Gian Luigi Ago